C come Critica

C come Critica

La nostra straordinaria coppia di critici continua ad affrontarsi in questa fantastica rubrica che ormai è la più invidiata in tutto il mondo. Anche questa volta l’incredibile professor Achille Occhichiusi ci ha chiesto di poter presentare uno strepitoso quadro.

Gustave Courbet, Autoritratto
Come dipingere la disperazione? Gustave Courbet ha 25 anni quando prova a rispondere alla domanda davanti allo specchio, come in posa per un selfie. Ha le guance rosse, gli occhi sbarrati, i capelli in disordine, la camicia sgualcita. Si prende la testa tra le mani mentre si sporge verso di noi. È ubriaco? In crisi creativa? Sta recitando oppure è in preda ad un tumulto interiore? Di sicuro cerca di sottrarsi alle pose canoniche perché il Maestro del realismo è insofferente alle regole di qualsiasi scuola o accademia, fiero di appartenere “solo alla libertà”. L’opera è stata descritta come un tentativo di dipingere in azione o di catturare l’effetto di un’espressione momentanea, sul modello di Rembrandt nei suoi autoritratti a incisione, in barba ad ogni pretesa di rispettabilità.

Non possiamo che dare la parola al più grande critico mondiale vivente.

Sulla straordinarietà di questo quadro credo che nessuno possa dire niente, tanto meno la mia collega che per quanto non capisca nulla di arte, non potrà che apprezzarne la bellezza. Ma cosa vuole rappresentare quest’opera? La follia e la disperazione. Più o meno quello che un uomo prova dopo una serata con la mia collega. Guardate come riduce un pover’uomo dopo un’ora delle sue farneticazioni. Come si possono ascoltare le sue stupidaggini senza impazzire? Il poveretto non ne può più, la follia è nel suo sguardo, non riesce a capacitarsi delle fesserie che questa donna riesce a dire, né del perché possa essere uscito con una donna simile. Vero che la cosa più importante in una donna è la bellezza, sul cervello nessuno ci conta, ma c’è un limite a tutto. Anche alla stupidità che un uomo può sopportare solo per godere di una compagnia femminile. Ora passerei la parola alla collega, che sicuramente si starà ancora chiedendo come mai il ragazzo sia fuggito via senza neanche salutarla.

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Noto con piacere che il senso dell’umorismo del mio collega sta migliorando, insieme al suo gusto artistico. L’opera che mi propone oggi è veramente molto particolare, di un gusto raffinato e di alto livello artistico. Ovviamente non sono d’accordo sul significato che gli attribuisce. Cosa rappresenta davvero questo quadro? La disperazione, sì, ma quella del pittore, appena ha saputo che alla sua mostra ci sarebbe stato il mio collega a scrivere la critica. Essere giudicati da un incapace può rovinare la carriera di un artista, persino quando se ne parla bene. Tutto potrebbe sperare il povero pittore, tranne che di essere giudicato da un pallone gonfiato come il mio collega. Notate le mani nei capelli, gli occhi spiritati, il poverino non sa che fare, non sa come evitare il disastro, e sta seriamente pensando di distruggere le sue opere piuttosto che sottoporle all’inutile giudizio del mio collega. Chissà quanti pittori si sono suicidati artisticamente pur di evitare di cadere nelle sue grinfie… Non lo sapremo mai. Quello che purtroppo sappiamo è la valanga di assurdità che riesce ogni volta a inventarsi, pur di elevare a geni degli emeriti incapaci come lui. 

Per chi si è perso i precedenti scontri tra Achille Occhichiusi e Vittoria Vedobene e fosse interessato a recuperarli, può trovarli in questa pagina: C come critica

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14 risposte a "C come Critica"

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